Chi viene in Alaska è alla ricerca di qualcosa o sta fuggendo da qualcos’altro.
E così hanno fatto quelli che sono i fantasmi della capitale Anchorage, gente che però non ha resistito alla spietatezza della natura e che, ritornata alla civiltà del sud, si è abbandonata, senza più meta, all’angolo di un semaforo.
Ogni luogo si riempie inevitabilmente delle aspettative e del vissuto degli altri e anche io qui ho respirato quel profondo senso di libertà, mescolata alla malinconia tipica delle terre estreme.
Eppure viaggiando verso nord scopri chi veramente ce l’ha fatta, chi ha trovato un equilibrio tra la voce risonante dentro se stesso e il silenzio della natura. Gente che si accende un barbecue sulla cima di una collina deserta con un panorama mozzafiato o che vive in una casetta di legno a bordo di un ruscello. Chi gira in camper, questi pazzeschi camper americani, su strade eterne, senza orizzonte, senza macchine che ti vengono incontro.
Quindi l’Alaska può essere anche terra di arrivo, di un nuovo modo di vivere, di un’altra concezione del tuo tempo.
Del resto, da qualsiasi punto di vista la vogliamo guardare, è esattamente lo specchio del nome con cui tutti la chiamano, l’ultima frontiera.
#thelastfrontier
Alaska 2019 – Ultima fermata [terre di confine; libertà]
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